Antimondi delle migrazioni

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Il mondo della comunicazione mediatica, dalla stampa alla televisione
al cinema, ha fatto di Castel Volturno un caso d’eccezione, essenzialmente
noto per le sue vicende di cronaca. Il libro smantella i luoghi
comuni che da esse derivano e si concentra sui dinamismi migratori africani.

Descrizione

Il mondo della comunicazione mediatica, dalla stampa alla televisione
al cinema, ha fatto di Castel Volturno un caso d’eccezione, essenzialmente
noto per le sue vicende di cronaca. Il libro smantella i luoghi
comuni che da esse derivano e si concentra sui dinamismi migratori
africani, il più vistoso fenomeno sociale di questo spazio geografico in
provincia di Caserta dove la strada assume un ruolo di primo piano: gli
immigrati vivono en passant in una “città-nastro” innervata dalla statale
Domiziana, unico vero organismo urbano.
Preso in esame nel suo tessuto, nella sua storia e nelle trasformazioni
del presente, il territorio è il luogo in cui i migranti, nel contempo vittime
e protagonisti, consumano una precaria esistenza insieme alle speranze
di riscatto inseguite fin dalla loro partenza. E l’approccio transcalare
adottato mette in luce come Castel Volturno sia uno dei nodi
fondamentali di una trama territoriale ben più vasta che ingloba i tracciati
dei migranti nell’Italia meridionale e si interseca coi percorsi tra
Africa ed Europa, incuneandosi nella logica del trattato di Schengen.
L’individuazione di questa rete di relazioni consente d’intrecciare la
grande storia con le piccole storie, il diacronico e il sincronico, il globale
e il locale nel loro farsi luoghi, mostrando un abitare effimero,
ricavato, improvvisato che si condensa nelle narrazioni dei migranti.
Ne vengono nuovi principi insediativi che riscrivono il lessico di un territorio
in trasformazione, fatto non solo di spazi ma di flussi, nel quale
si collocano i luoghi d’incontro e della religione, le attività economiche
e invisibili, le forme associative, le comunità divise secondo le
nazionalità.
Così, la periferia di cui parla il testo incarna la modernità spuria e
ghettizzante di un antimondo, in cui si trovano rinchiusi i migranti
che, non potendo riconoscervisi, diventano degli atopoi di passaggio,
privi di territorio.

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